Promesse da mantenere: gli obiettivi posti nel Summit UE-UA
di Vera Negri Zamagni – Vicepresidente CEFA
Cosa promette il comunicato congiunto firmato alla fine del Sesto Summit UE-UA il 18 febbraio 2022?
Va innanzitutto detto che questo comunicato non arriva come un fulmine a ciel sereno, dal momento che negli ultimi anni si erano intensificati i contatti tra UE e paesi africani, soprattutto perché questi ultimi avevano trovato una loro modalità organizzativa multilaterale, costituendo nel 2002 la UA e nel gennaio 2021 l’area di libero commercio AfCFTA. In questo modo, era stata resa meno difficile l’interlocuzione multilaterale, l’unica capace di produrre visioni complessive e di mettere in piedi piattaforme di dialogo sui singoli temi, oltre a strumenti di monitoraggio dei risultati.
Il comunicato contiene 7 punti di accordo (più un ottavo di presa d’atto dei contributi offerti dalla società civile). Il primo punto introduce l’obiettivo comune dei leader dell’UE e dell’UA per costruire un futuro per tutta la collettività, collaborando insieme come partner e vicini. Il secondo punto contiene le dichiarazioni di principio, che includono i diritti umani, la “rule of law” e il rispetto per i principi democratici, l’uguaglianza di genere e la promozione delle donne, i diritti dei bambini e dei disabili. Ora, sappiamo tutti che questi principi sono imperfettamente applicati nella UE, ma del tutto assenti in alcuni paesi africani, ma è importante che nella dichiarazione congiunta vengano condivisi e firmati, perché chi agisce in quella direzione prenda coraggio e si batta con forza per la loro migliore realizzazione.
Il punto 3 contiene l’impegno della UE a finanziare 400 milioni di vaccini, ma anche, dopo una discussione guidata dal premier Sudafricano Ramaphosa, l’impegno a rivedere la posizione della UE sui brevetti sui vaccini (come è noto, negativa) all’interno di un accordo generale da raggiungere da parte dell’OMS (Organizzazione mondiale del Commercio) sul commercio e i brevetti (impegno reiterato anche nel punto 7). E’ chiaro che le ONG sono a favore dell’eliminazione dei brevetti sui farmaci salvavita e della diffusione anche in Africa della capacità produttiva di questi farmaci (una questione quest’ultima su cui la UE si è impegnata) e potranno esercitare una pressione perché risultati più consistenti siano raggiunti in questo campo in un futuro non troppo lontano. Sempre nel punto 3, si fa riferimento alla mobilizzazione di un importante pacchetto di SDR (la liquidità emessa dal FMI, il Fondo Monetario Internazionale) per sistemare posizioni debitorie pesanti. A questo si dovrebbe collegare la campagna lanciata per la cancellazione dei debiti pubblici dei paesi africani più in difficoltà, che le ONG supportano.
Il punto 4 conferma l’importante pacchetto di investimenti nei campi dell’energia verde, dell’agricoltura sostenibile, della trasformazione digitale, della crescita sostenibile e della creazione di lavori decenti per i giovani, della moltiplicazione delle infrastrutture, dell’educazione e della salute, che erano stati discussi in precedenza e che sono stati dettagliati in documenti mirati a ciascun settore, che propongono anche piani di azione concreti. Per questo piano di investimenti la UE si è impegnata a mettere a disposizione 150 mld di euro, nel presente periodo di budget, che arriva fino al 2027. A questo impegno, si potranno aggiungere altri capitali privati che potranno affluire in quelle parti dell’Africa più capaci di offrire stabilità. Sta ai paesi africani e alle agenzie internazionali che hanno a cuore il progresso dell’Africa monitorare perchè queste promesse si traducano in fatti.
Il punto 5 è dedicato a supportare tutti gli sforzi volti a risolvere i numerosi conflitti che ancora sono presenti in Africa, anche con contingenti di pace africani, e a diffondere quei principi dichiarati nel punto 2 laddove non sono ancora realizzati. Nel punto 6 viene trattato il tema delle migrazioni e della mobilità, con l’intento di creare nuove istituzioni congiunte capaci di studiare e porre rimedio alle migrazioni irregolari. L’apertura del dialogo a questo proposito è nuova e riguarda il controllo dei trafficanti di esseri umani, le condizioni dei richiedenti asilo, la reintegrazione dei migranti di ritorno, il controllo del brain drain. È questo il punto sul quale le incertezze dei risultati sono più alte, ma la dichiarazione apre alla collaborazione. Le ONG potrebbero essere propositive sugli strumenti da utilizzare per portare avanti questo dialogo e sulle leggi nazionali e internazionali che dovrebbero essere cambiate per ottenere qualche risultato concreto. Infine, il punto 7 insiste sul multilateralismo, in cui per la prima volta può essere coinvolta anche l’Africa con le sue agenzie multilaterali, supportate dalla UE.
A fronte di queste novità, le ONG, mentre continuano il loro impegno nell’accompagnare le persone più ai margini verso una vita più dignitosa, non possono nei loro progetti non diventare parte di questo rinnovamento del panorama africano. A seconda della loro specializzazione, possono inserirsi in qualcuna delle linee di azione sopra delineate: la trasformazione dell’agricoltura, l’energia da fonti rinnovabili, l’incremento delle foreste, la distribuzione dell’acqua, l’organizzazione della sanità, l’educazione, i diritti di donne, bambini e disabili, il reinserimento dei migranti di ritorno, la formazione manageriale per gestire le imprese, per non nominarne che alcune. Raccogliendo la novità del “multilateralismo”, anche le ONG potrebbero dare prova di saper costruire reti più organizzate per offrire progetti maggiormente articolati.
L’Africa sta provando ad uscire dalle pesanti eredità del passato e da una configurazione di mero recettore di assistenzialismo. La strada è certamente ancora molto lunga, ma le ONG potrebbero aiutare in molti modi ad abbreviarla.