In Etiopia la crisi alimentare è a un punto di non ritorno
I pochi passi avanti ottenuti negli ultimi giorni grazie all’accordo tra Russia ed Ucraina, attraverso la mediazione della Turchia, sembrano essersi di colpo cancellati. La pace del grano sembrava essere ormai decisa, ma i recenti attacchi al porto di Odessa confermano la necessità di ulteriori sforzi diplomatici per sbloccare la fragile situazione che tiene in ostaggio il grano che sta affamando il mondo.

Mentre arrivano rassicurazioni da entrambe le parti, gli effetti irreversibili di una crisi alimentare si fanno sempre più evidenti nei paesi dell’Africa, in particolar modo nel Corno, dove l’Etiopia si attesta ad una dipendenza del 70% dal grano russo ed ucraino. Nelle ultime settimane il paese ha visto i prezzi dei prodotti di base aumentare fino al 100%, e come in ogni tempesta perfetta, ora anche le conseguenze del conflitto interno al paese e del cambiamento climatico stanno spingendo la crisi alimentare in Etiopia a un punto di non ritorno.
Di fronte a questa emergenza, abbiamo parlato con Riccardo Rabita – responsabile paese ad Addis Abeba – per farci raccontare della percezione di questa crisi vissuta dalla capitale e delle prossime attività che porteremo avanti per continuare a rimanere accanto alle comunità locali.
L’Etiopia è un paese che sta pagando sia le conseguenze del proprio conflitto interno sia quelle del conflitto russo in Ucraina. Come si vive questa situazione nella capitale?
La situazione non va che peggiorando. Il Tigrai da diverse settimane si trova un po’ nel limbo. Il numero degli aiuti umanitari sta cominciando a diminuire ma almeno il conflitto si può dire che è fermo. Gli scontri invece si sono spostati in Oromia e dove manca una presenza istituzionale la situazione è difficilmente gestibile. Le conseguenze invece della crisi economica ormai si vedono in tutto il paese, dalla capitale ai villaggi più sperduti.
In che cosa si può dire più evidente questa crisi?
Sicuramente il carburante, da cui poi infatti dipendono gli aumenti dei costi di tutti gli altri prodotti. Dallo scorso anno il costo del carburante è letteralmente raddoppiato. Attualmente sfiora l’equivalente di circa €1 al litro e presto verranno rimossi tutti i sussidi governativi perché diventati insostenibili. Si prevede che toccheremo quindi i 70 birr al litro, quindi circa €1,30, che erano i prezzi europei in tempi normali. Invece la conseguente questione dei fertilizzanti la vediamo benissimo anche con gli agricoltori con cui lavoriamo: il prezzo è infatti triplicato rispetto allo scorso anno.

Sicuramente poi gli effetti del cambiamento climatico non stanno giovando su questa crisi economica.
Come già sappiamo, anche questa stagione delle piogge è saltata. In molti non hanno potuto seminare o lo hanno fatto su una superficie ridotta. Per fare un esempio, prima della siccità, nella regione Somali dove è ancora molto frequente il baratto, 1 kg di teff (cereale locale) veniva scambiato per 2 capre. Oggi il rapporto è a 6, quindi triplicato, perché molte delle capre sono denutrite. Sono piccole comunità agropastorali e lì ci si dà una mano a vicenda, ma quando gli animali soffrono ne risente tutto il mercato del baratto.

E in questa ‘tempesta perfetta’ che cosa stiamo facendo per rispondere all’emergenza climatica, economica e alimentare?
A causa della siccità l’intervento su alcune colture ha subito dei ritardi, ma stiamo riuscendo sicuramente ad incidere sul teff, alberi da frutto e avocado. Stiamo cercando di estendere l’intervento a più beneficiari possibile perché in molti ormai hanno già perso l’intera stagione. Pensiamo di riuscire ad arrivare all’ambizioso obiettivo di più di 8000 persone direttamente coinvolte tra Soddo e Wolisso, tra cui molti tecnici, donne e gruppi femminili; e altre 500 agricoltrici nel Wolaita. Nel frattempo, continuano anche le formazioni a cascata per raggiungere sempre più persone. Il risultato che stiamo cercando di ottenere è di trovare soluzioni condivisibili e replicabili. Un esempio importante è quello dell’irrigazione. Stiamo lavorando per finire di costruire gli impianti ad energia solare perché permettere agli agricoltori di irrigare anche durante i periodi di siccità significherebbe ridurre notevolmente i danni. Inoltre la stessa pompa viene poi utilizzata da più agricoltori, perché in base alle colture riescono a condividerla e irrigare ognuno il proprio campo nel corso della settimana. Grazie a semplici strategie come questa pensiamo di poter dare una vera svolta a questa difficile situazione.