C’è futuro per la Pace in Etiopia?
Intervista a Riccardo Rabita responsabile paese CEFA in Etiopia
Dopo due anni di conflitto è stato finalmente firmato a Pretoria il primo trattato di pace tra il governo Etiope e il Tigray. Ad oggi si contano migliaia di vittime e milioni di sfollati. Nel corso della guerra, sono stati diversi i tentativi di imporre una tregua, ma fino ad oggi le parti in guerra non avevano mai fatto alcun passo indietro. Accogliamo dunque con gioia questi importantissimi sviluppi, con la speranza che verranno presto messi in pratica.
Per farci raccontare di questa pace e delle altre crisi che il paese sta attraversando, abbiamo parlato con Riccardo Rabita – responsabile paese per il CEFA ad Addis Abeba.

L’accordo è stato finalmente firmato. Possiamo quindi dire pace in Etiopia?
Per la prima volta dall’inizio della guerra in Tigray, nonostante più volte si fosse già parlato di pace in Etiopia, martedì 25 Ottobre sono iniziati i colloqui ufficiali in Sud Africa, anche se in campo, la guerra continua. L’accordo firmato parla della fine delle ostilità, l’accesso agli aiuti umanitari e il ritiro delle truppe eritree dal conflitto. Sono svariati gli elementi interessanti che potrebbero, qualora realizzati, portare ad un cessate il fuoco reale.
C’è quindi uno spiraglio di pace?
A distanza di due anni, celebriamo questo accordo di pace, ma ancora ci sono tante incognite. Se venisse tutto implementato, la regione verrebbe reintegrata nella nazione e nel suo tessuto sociale. Questo sarebbe un buon tentativo di pacificazione su quel fronte, per dedicarsi successivamente anche alle altre tensioni interne. Nei prossimi giorni, continueremo a monitorare la situazione.

Il paese sta inoltre attraverso una profonda crisi climatica ed alimentare. Com’è cambiata la situazione in questi mesi?
Il paese ha fra i più alti indici di malnutrizione al mondo. Questo è dovuto anche agli effetti della crisi climatica ed economica. Il prezzo del carburante infatti continua a salire e nell’ultimo anno è raddoppiato. Sono aumentati anche i prezzi del caffè, del pane, di tutti i generi alimentari e di prima necessità. Nella capitale la percentuale di persone che vivono in una condizione economica svantaggiata è davvero molto alta. La preoccupazione più grande, al momento, è fare fronte al costo della vita. C’è molta insicurezza, altrettanta instabilità, naturalmente in funzione della quotidianità.
Poche settimane fa avevamo parlato della distribuzione di sementi e di kit alimentari per fare fronte a questa crisi.
Sì, un paio di mesi fa, avevamo parlato della distribuzione di teff, che oggi a Wolisso ha avuto un grande successo, perché sta rispondendo all’aumento dei prezzi. La distribuzione è fondamentale per rispondere alle esigenze, dettate da una profonda crisi economica e climatica. Quello che abbiamo distribuito è di buona qualità e sta dando i suoi frutti.

Quali sono i prossimi passi?
Dobbiamo rimanere accanto alle comunità dell’Etiopia per fare fronte a queste emergenze. Sicuramente vogliamo intervenire sui sistemi di irrigazione. La settimana prossima inizieranno i sopralluoghi per realizzare gli impianti. Le strutture e i materiali sono pronti, ora dobbiamo metterci al lavoro. Rimetteremo in funzione anche quattro Green Farm: vogliamo che gli agricoltori e le agricoltrici abbiano accesso a queste strutture per fare pratica, per capirne l’utilizzo, per imparare ad utilizzare altri sistemi di irrigazione, oltre a quelli a goccia.
Le Green Farm sono pensate come scuole a tutti gli effetti dove gli agricoltori possono imparare nuove pratiche e nuove tecniche. Ovviamente il cambiamento climatico ci colpisce notevolmente, quindi aldilà del creare questi luoghi comunitari dove far confluire i beneficiari, quello che serve è anche un accesso diretto all’acqua e la possibilità di irrigare i propri terreni.