Istituzionali

Il Summit tra Unione Europea (UE) e Unione Africana (UA)

16 Febbraio 2022

    di Vera Negri Zamagni – Vicepresidente CEFA

    Ho già avuto occasione in precedenti note di chiarire che il dialogo tra l’Unione Europea e l’Africa ha fatto molti passi in avanti da quando il fondatore del CEFA Giovanni Bersani nel 1976 assunse la presidenza dell’assemblea paritetica CEE-ACP appena costituita, carica che tenne fino al 1989, svolgendo varie attività di pacificazione e di promozione dei diritti umani in prima persona. Dopo anni di routine, nel 2000 si ebbe il primo summit innovativo tra l’UE e l’UA. Nel 1999 la precedente OAU di 32 stati africani aveva deciso di allargarsi e consolidarsi, diventando UA (formalmente costituita nel 2002 con tutti i paesi africani), mentre la CEE era diventata la UE. Da quel primo incontro se ne snocciolarono altri, fino ad arrivare al sesto, appunto quello che avrà luogo in questo mese di febbraio, procedendo con obiettivi di partnership sempre più definiti. Tutti sappiamo che l’Africa ha legami molto stretti con l’Europa, sia dal punto di vista storico, sia da quello economico (la UE è il principale partner economico dell’Africa), ma questi legami erano stati costruiti su un piano di “colonialismo”, che ha lasciato pesanti eredità negative. Il proposito dei summit degli anni 2000 è stato quello di cambiare approccio, mettersi su un piano di reale partnership condivisa tra Europa e Africa, basata su interessi e responsabilità comuni

    La UA è nel frattempo diventata un’organizzazione attiva e ambiziosa, come si è dimostrato nella creazione avvenuta nel gennaio 2021 di un’area di libero scambio in tutto il continente. Le prospettive sono quelle di andare avanti, realizzando una libera circolazione anche delle persone (sul modello Schengen), un mercato digitale unico e un unico sistema di trasporto aereo. Questo nuovo soggetto è frenato dalle troppe guerre civili in esistenza, dai frequenti colpi di Stato, dalla povertà ancora dilagante, dai diritti umani inapplicati, dagli effetti perversi del cambiamento climatico, ma è diventato la speranza di riscatto del continente, una speranza che si sta sempre più consolidando. A sua volta, la UE ha riconosciuto molte ragioni che la portano a ripensare le proprie relazioni con l’Africa ed è ora pronta ad impegnarsi in maniera più innovativa.

    Sulla base di questo nuovo dinamismo fra le due aree, le ambizioni del prossimo summit sono molte ed erano già state messe a punto nel corso del 2020 e poi del 2021 in corposi documenti che parlano di “strategia comprensiva e condivisa”, documenti costruiti sulla base del lavoro comune condotto attraverso le piattaforme settoriali di dialogo lanciate nel precedente summit del 2017. Cinque sono le aree di azione identificate, all’interno delle quali formulare un pacchetto di investimenti definiti “ambiziosi”:

    1. La transizione verde, soprattutto nella produzione di energia. Varie iniziative vengono proposte all’interno di questa area, dal sostegno ad una pianificazione verde ad investimenti in fonti di energia rinnovabili, dalla preservazione e allargamento delle foreste all’appoggio ad un’agricoltura e ad una pesca sostenibili. 
    2. La trasformazione digitale. Le grandi distanze esistenti negli stati africani fanno della trasformazione digitale lo strumento chiave per la diffusione dell’istruzione, del commercio, della finanza e anche per rendere presente la pubblica amministrazione.
    3. La promozione di crescita sostenibile e di lavori decenti. La UE è già il più grande investitore in Africa, ma la qualità di questi investimenti deve migliorare sul piano sociale, oltre che ambientale e digitale, e sul sostegno dei progetti di integrazione regionale e continentale. L’evoluzione dell’area di libero scambio esistente verso un’unione doganale e un mercato unico può trarre ispirazione dal modello europeo di successo.
    4. La diffusione della pace, della sicurezza (incluso il tema della pandemia) e del buon governo. Le azioni previste in quest’area hanno come obiettivo in primo luogo quello di aiutare a risolvere conflitti di lunga data che impoveriscono e ritardano il passo di sviluppo di molte aree dell’Africa (la Libia, il Sahel, la regione dei grandi laghi, il corno d’Africa, per nominarne solo alcuni). Ma supporto verrà fornito anche ad un cambiamento della cultura verso metodi di buon governo, rispetto dei diritti umani e promozione della parità delle donne. 
    5. La questione delle migrazioni e della mobilità forzata. Un governo condiviso dei flussi migratori – paesi d’origine, di transito e di destinazione – porterà benefici a tutti e aiuterà ad isolare la criminalità che prospera in questo contesto.

    Il Summit si concluderà con una dichiarazione congiunta sulla linea di azione da perseguire fino al 2030. Si lavorerà preferibilmente a livello di accordi multilaterali, ma anche all’identificazione di modelli accettabili di accordi bilaterali, per stilare una serie di “Action Plans” e di “Task forces” capaci di trainare la realizzazione degli obiettivi dichiarati. “Mettere a terra”, come oggi si dice, i contenuti delle dichiarazioni ufficiali è sempre cosa difficile in qualunque luogo e in qualunque campo e dipende da quante persone di buona volontà abbiano il coraggio di impegnarsi, come a suo tempo fece Giovanni Bersani. Per le ONG come il CEFA che operano da decenni in Africa si aprono vasti campi di attività, una volta praticati quasi in segreto, ma oggi pienamente in linea con la visione e gli obiettivi dichiarati sia dalla UE sia dalla UA. Trovare il modo di cooperare tra ONG per offrire un più sostanziale supporto agli obiettivi fissati dal Summit sarà operazione davvero meritoria.