A West Pokot lavoriamo per il presente e per il futuro
Irene Sciurpa, cooperante CEFA in Kenya, è appena tornata dalla sua missione a West Pokot, una contea nel nord-ovest del paese duramente colpita dalla crisi climatica e alimentare. Sono passate poche settimane dalla nostra ultima intervista ad Irene in cui ci aveva raccontato delle devastanti conseguenze che la siccità sta avendo sulle comunità locali, ormai spinte a vivere in un perenne stato di emergenza e di insicurezza alimentare.
Oggi abbiamo riparlato con Irene per capire come è cambiata la situazione in queste settimane.

Com’è andata questa ultima missione?
Ormai vado a West Pokot da un anno, e posso dire che la situazione diventa sempre più e più difficile. I meccanismi con cui la comunità cerca di rispondere all’emergenza sono sempre più pericolosi, ed è diventato chiaro ormai come il grande problema che stiamo affrontando sia diventato l’acqua. I fiumi stagionali sono secchi da 5 stagioni e ormai non piove neanche più. Per fare un esempio concreto, ora un gallone d’acqua costa 40 scellini. Fino a pochi mesi fa riuscivano a riempire le taniche dai fiumi stagionali o comprando l’acqua a 7 scellini al gallone.

Come si risponde a un’emergenza simile?
Nei prossimi mesi vorremmo iniziare la costruzione di 5 nuovi punti d’acqua: si tratta di cinque posizioni con un rubinetto per l’acqua ad uso domestico e un abbeveratoio per gli animali. Stiamo quindi monitorando tutta la contea per trovare l’accesso ai pochi fiumi stagionali da utilizzare. La settimana scorsa eravamo quindi in macchina tra i villaggi molto aridi della zona di Pellow. A un certo punto però ci siamo dovuti fermare incuriositi da uno strano rumore meccanico. Seguendo il nostro udito, siamo arrivati a questo macchinario utilizzato per tritare la pietra. Una volta tritata, c’erano queste persone che cercavano di estrarre l’oro dalla pietra usando il mercurio a mani nude e senza protezioni. Gli abbiamo spiegato la pericolosità di questa procedura, e loro ci hanno prontamente risposto di esserne consapevoli ma che per loro è più pericoloso non mangiare. A volte ci si sente impotenti davanti a queste situazioni, perché sembrano sempre molto più grosse di noi, poi però ci rimbocchiamo le maniche e cerchiamo le soluzioni più efficaci che possiamo portare.
C’è un lato positivo quindi?
Assolutamente c’è e lo dobbiamo trovare. A volte non è davanti ai nostri occhi e deve essere cercato. Non bisogna andare dove è più facile, ma dove c’è più bisogno. Il nostro intervento, il sistema di irrigazione, e la costruzione dei punti d’acqua, servono perché serviranno queste risorse, e questo è l’unico modo che abbiamo per trovare un lieto fine. Si dice che l’acqua diventerà ‘l’oro bianco’ del futuro. A West Pokot lo è già. Quello che dobbiamo continuare a fare è continuare su questa strada e portare le risposte concrete che sappiamo portare.

Il nome del progetto è Ustahimilivu. Che cosa significa?
Ustahimilivu significa resilienza in swahili, perché quello che stiamo portando avanti è un progetto per il presente e per il futuro. Molte delle persone con cui lavoriamo non conoscono neanche l’espressione ‘climate change’ ma sono i primi a soffrirne le conseguenze. Questa è per me la vera ingiustizia climatica. Poi però succedono cose che ci ricordano quanto sia importante lavorare per presente ma anche per il futuro: l’altro giorno stavo parlando con uno degli agricoltori di Parasany, dove abbiamo da poco inaugurato un nuovo sistema di irrigazione. Mentre mi stava dicendo che grazie ai frutti del suo lavoro riuscirà a pagare le tasse scolastiche per i suoi figli, è arrivato uno dei bambini. Quello che sto per dire può sembrare un po’ un cliché, però quando ho chiesto al bambino cosa vorrebbe fare da grande lui mi ha risposto “I wanna be a doctor”. Vorrebbe fare il dottore. E questo lo dico perché dobbiamo capire che i sogni ci sono. Queste catastrofi climatiche hanno tolto tanto a queste persone, e ora quello che noi possiamo restituire è la possibilità di sognare altrettanto. Senza quel pezzo di terra del padre, non ci sarebbero questi sogni.

E adesso che cosa resta da fare?
Nelle prossime settimane continueremo a lavorare con gli agricoltori di mango e gli apicoltori. Il sistema di irrigazione di Parasany è in funzione, mentre la casa del miele sta già processando 2 tonnellate di prodotti, iniziando a vendere il miele da West Pokot fino al mercato di Nairobi. Presto vorremmo iniziare la costruzione dei 5 nuovi punti d’acqua per Pellow. Dopo tre anni si è costruita molta fiducia con queste persone, e vogliamo continuare insieme a loro questo percorso.