La missione di Dario in Etiopia
Dario de Nicola, responsabile in Italia dei progetti CEFA in Etiopia, è tornato nel paese a un anno dalla sua prima visita. In questi giorni ci racconterà tappa per tappa la sua missione.
Il ritorno in un paese in costruzione
di Dario de Nicola
Di nuovo ad Addis, a quasi un anno dalla mia prima visita.
Mi accoglie una città-cantiere. Ovunque palazzoni enormi in costruzione e strade semi-ostruite dai cumuli di inerti dei cantieri. Ha voglia di crescere questa città, di far vedere al resto del continente e al mondo quanto sia moderna ed evoluta.
Ma come tutte le grandi metropoli di queste latitudini, alle grandi facciate a specchi dei grattacieli e alle insegne al neon, si contrappone una moltitudine di mendicanti che presidiano i marciapiedi alla costante ricerca di qualche spicciolo con cui riuscire a superare un altro giorno.
Contraddizioni, è questa la parola che più mi viene in mente se devo descrivere l’Etiopia. Questo grande e fragile paese che aspira al ruolo di potenza regionale, ma che deve fare costantemente i conti con le mille spinte centrifughe che ne minano l’unità e la stabilità.

Da qualche mese, dopo un lungo e sanguinoso conflitto, è stato firmato un accordo di pace tra il Governo ed il Fronte di Liberazione Nazionale del Tigray. Per il momento l’accordo sembra reggere, il che ha permesso alla macchina umanitaria di mettersi in moto. C’è un’intera regione da ricostruire, milioni di persone a cui garantire al più presto l’accesso a beni di prima necessità, per evitare l’aggravarsi di quello che già è da considerarsi come un disastro umanitario.
E se per il Tigray si è infine giunti ad una soluzione che per un po’ permetterà di mettere una pezza sullo strappo che si era venuto a creare, già nuovi fronti si stanno aprendo, in un paese che sembra non avere mai pace.

Ci si mettono gli uomini e ci si mette il clima a rendere la vita per gli Etiopi una sfida continua. L’Etiopia è infatti uno di quei paesi che, più che altrove, già si trova a fare i conti con gli effetti del cambiamento climatico, che qui si è tradotto nella peggiore siccità degli ultimi decenni. Sono già due anni che ampie parti del Paese non vedono una goccia d’acqua, con conseguenze devastanti per l’agricoltura e l’allevamento che rappresentano l’unica fonte di sostentamento per larga parte della popolazione.
Nei prossimi giorni visiterò le zone dove sono attivi i progetti del CEFA, dove l’accesso all’acqua rimane un problema a cui stiamo rispondendo promuovendo l’uso di piccole pompe solari che rappresentano una soluzione di facile utilizzo, sostenibile per l’ambiente ed economicamente accessibile per famiglie con capacità di spesa limitatissime. Capacità di spesa che nell’ultimo anno si sono ridotte ancora di più per via degli effetti negativi del conflitto ucraino sull’economia globale. Un ulteriore elemento di crisi alla quale come CEFA stiamo dando una risposta distribuendo sementi ed attrezzatura per permettere alle famiglie di affrontare la prossima stagione agricola.
Domani si parte per il Wolaita, dove incontrerò i colleghi e le comunità con cui lavoriamo. Sarà l’occasione per farvi conoscere un po’ meglio questo Paese e il nostro lavoro.
Insieme si è più forti
Eccomi, finalmente a farmi sentire dopo che la mia prima settimana in Etiopia volge oramai quasi al termine. Da ieri mi sono spostato a Soddo, nella regione del Wolaita, nel sud-ovest del Paese, dove sono i nostri progetti di sviluppo agricolo.
Oggi vi voglio far conoscere una delle cooperative che abbiamo aiutato a costituire nel villaggio di Bor Koshe, nel distretto di Kindo Koisha. Questi 25 contadini hanno avuto accesso a formazioni ed assistenza tecnica. Le tematiche affrontate possono sembrare scontate ai nostri occhi, ma qui concetti base come la produzione e l’utilizzo del compost o l’adozione di tecniche di agricoltura conservativa, rappresentano un’innovazione e contribuiscono ad aumentare la resilienza dei piccoli contadini contro gli effetti del cambiamento climatico e dell’aumento dei prezzi dovuto alla guerra in Ucraina.

Aster oggi mi ha detto che le formazioni del CEFA le hanno aperto gli occhi e ha realizzato che quello che le serviva per aumentare la produttività del suo campo era già lì, a sua disposizione.

Aster ha sottolineato anche come grazie alla formazioni sull’associazionismo abbiano capito l’importanza di ragionare ed agire come un gruppo, piuttosto che come singoli individui. «Abbiamo unito il nostro poco ed insieme abbiamo iniziato a risparmiare ogni volta che era possibile qualcosa. Il mese scorso, con i soldi messi da parte, abbiamo comprato come cooperativa 4 capre, che ingrasseremo per poi rivenderle a Pasqua».

La strada da fare è ancora tanta, ma c’è grande fiducia nel futuro e una nuova consapevolezza che insieme si è più forti.
A Gambella al fianco delle famiglie nei campi profughi
Da ieri sono a Gambella, lato occidentale dell’Etiopia, al confine con il Sud Sudan. Sembra di stare in un altro paese rispetto a quanto avevo visto finora. Caldo atroce, paesaggio da savana, enormi rapaci apollaiati su ogni ramo, il grande fiume Baro che attraversa la città, popolazione locale dalla pelle scurissima che nell’aspetto non ricorda in nulla le persone che ho incontrato finora.
Qui, dal 2014, in varie ondate, sono arrivati circa 360.000 rifugiati Sud Sudanesi, in fuga dalla guerra civile nel loro paese. Sono divisi in 7 campi, gestiti dal Governo etiope insieme con l’UNHCR.

Come CEFA abbiamo da poco iniziato a lavorare in due di questi campi nell’ambito di due progetti d’emergenza finanziati dalla cooperazione Italiana. Il nostro obiettivo è quello di migliorare la condizione delle famiglie nei campi, intervenendo sul fronte nutrizionale, promuovendo e sostenendo l’orticoltura e l’allevamento dei piccoli animali, e su quello economico, tramite l’avvio di attività generatrici di reddito.
Sono appena i primi passi di una presenza che speriamo possa portare un impatto nelle vite delle famiglie che andremo a sostenere.