Con i tagli alle risorse per la cooperazione allo sviluppo perdiamo tutti e tutte
di Raoul Mosconi – Presidente CEFA
Il 22 ottobre 2022, nel chiedere la fiducia alle camera, il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giorgia Meloni, annunciava con enfasi il “Piano Mattei”: un ambizioso programma per rafforzare la cooperazione con l’Africa secondo una logica non predatoria. Accogliemmo con interesse la proposta perché fin dalla sua fondazione il CEFA ha visto nel Mediterraneo un ponte per promuovere lo sviluppo e la pace,

grazie alla cooperazione fra Europa e Africa, del quale l’Italia non poteva che essere l’avanguardia; ma anche con qualche perplessità relativamente alle necessità di coinvolgere l’Europa, di risorse adeguate e alla valorizzazione del ruolo degli organismi non governativi attori della cooperazione sul campo.
Per questi motivi ci stupiscono negativamente i tagli all’aiuto pubblico per lo sviluppo paria a 631 milioni di euro nel 2023, con una riduzione di oltre il 15 % sull’anno precedente e ben lontani dall’ammontare dello 0,70% del Pil che il nostro paese aveva promesso di stanziare. Le risorse destinate alla cooperazione, a nostro avviso, erano se mai insufficienti rispetto agli obiettivi di questo piano a partire dalla riduzione delle disuguaglianze nei confronti degli abitanti più poveri dell’Africa. L’Italia ha una grande esperienza di progetti finanziati dal Ministero degli Affari Esteri e realizzati dalle organizzazioni non governative che, oltre a contrastare fame e siccità, hanno portato salute, prosperità e lavoro concorrendo alla reputazione positiva della quale la cooperazione gode nel mondo. Questi tagli rischiano di sprecare tanto lavoro già fatto del cui valore possono essere testimoni, oltre ai beneficiari africani, i soggetti istituzionali e le imprese private che fanno parte della cabina di regia del Piano Mattei. Lo sviluppo così come la povertà sono determinati da diversi fattori che necessitano di essere conosciuti e che nel tempo sono cambiati. Allo stesso tempo la costruzione di infrastrutture, sebbene necessarie, non è sufficiente come volano dello sviluppo se non accompagnata da sistemi di protezione sanitaria e sociale che garantiscano il benessere alle comunità locali.

Enrico Mattei è scomparso nel 1962 e la sua memoria può rappresentare qualcosa per gli Italiani con più di sessant’anni, ma rischia di non essere evocativa in Africa di quanto il Governo italiano dichiara di volere portare perché, dopo la fine della colonizzazione europea i cui effetti sono ancora evidenti specialmente nei pesi francofoni, oggi il continente sta facendo i conti le economie emergenti di Russia, Cina e India che, sebbene con approcci predatori, hanno costruito solide relazioni con i governi africani. Il contrasto alle migrazioni illegali, anche alla luce dell’inverno demografico che affligge il vecchio continente ed in particolare l’Italia, passa attraverso accordi capaci di definire e attuare percorsi per ingressi regolari e ordinati in Europa dall’Africa, che prevedano anche possibilità di ritorno e non neghino i diritti umani ai richiedenti asilo. Le volontà di cooperare con l’Africa, fare piani d’investimento, contrastare l’illegalità e i trafficanti di esseri umani annunciate a Roma alla presenza di molti capi di stato e di governo africani, a cui “abbiamo” stretto le mani e coi quali “abbiamo” scattato foto ricordo, non potranno essere realizzate tagliando il buono che c’è già!
