Il riso Jollof: simbolo culinario e conteso dell’Africa occidentale
Di Martina Liverani – Gastronoma e giornalista
Tra i piatti più rappresentativi dell’Africa occidentale c’è il riso jollof, una pietanza che unisce e divide paesi come Nigeria, Ghana, Senegal e altri ancora. Ogni nazione rivendica la paternità della versione “vera” e più autentica di questo riso speziato, rosso-arancione, cotto con pomodori, cipolle, peperoni e, a seconda del luogo, carne, pesce, piselli o spezie varie.
La sua diffusione è ampia: si prepara e si gusta in occasione di feste, matrimoni e ritrovi familiari in paesi come Senegal, Nigeria, Ghana, Gambia, Liberia, Sierra Leone e Camerun. È quasi sempre accompagnato da contorni come platani fritti o purè di fagioli.

Ogni nazione ha la sua variante. In Ghana, ad esempio, si preferisce il riso basmati o thailandese con spezie come noce moscata, cannella e chiodi di garofano. In Nigeria si opta per il riso parboiled a chicco lungo, insaporito con peperoncino habanero, pomodori e cipolle. Spesso viene cotto in grandi pentole di ghisa su brace viva, conferendo un sapore affumicato tipico. In Senegal, invece, si cucina in una padella unta con olio di palma e salsa di tamarindo, creando una crosta croccante. In Camerun lo chiamano anche “riso fritto” e lo arricchiscono con carote e fagiolini, mentre in Liberia dominano i peperoncini piccanti.
L’origine più accreditata del piatto è legata all’antico impero Wolof (o Jolof), esistito tra il XIV e XVI secolo nei territori dell’attuale Senegal e Gambia. Il nome stesso “jollof” deriverebbe proprio da questo regno. La ricetta si è evoluta nel tempo, anche grazie a influenze coloniali: ad esempio, furono i portoghesi a introdurre il pomodoro, oggi elemento chiave del piatto.

Il riso jollof ha superato i confini africani, diventando famoso anche altrove. Celebre il caso del 2014, quando lo chef britannico Jamie Oliver propose una sua versione con coriandolo. L’aggiunta non fu ben accolta: migliaia di africani protestarono online, dando origine all’ironico hashtag #Jollofgate, a difesa della “purezza” della ricetta.
Un altro episodio significativo è legato alla visita di Mark Zuckerberg in Nigeria nel 2016. Dopo aver assaggiato il jollof con i gamberi, affermò diplomaticamente: “Mi è stato detto di non fare paragoni tra quello nigeriano e quello degli altri paesi”. Una scelta saggia, vista la sensibilità del tema.
Nel 2021 l’Unesco ha riconosciuto il ceebu jën senegalese – un piatto simile a base di riso, pesce e verdure – come patrimonio culturale immateriale. Tipico dell’isola di Saint-Louis, viene preparato con riso spezzato, pesce essiccato, molluschi e ortaggi locali. Le modalità di consumo sono rituali: si mangia con le mani, senza far cadere chicchi, mantenendo posture rispettose. Il ceebu jën, considerato un antenato del jollof, rafforza la tesi dell’origine senegalese del piatto, anche se la contesa tra le versioni resta accesa.
In fondo, il jollof è uno di quei piatti “di casa” per cui ognuno sostiene che il migliore sia quello cucinato dalla propria madre. Non esiste una ricetta unica: cambia da famiglia a famiglia, da paese a paese. E proprio in questa varietà sta il suo fascino.
Ecco perché, più che un semplice piatto, il jollof rappresenta un simbolo d’identità culturale, un legame affettivo e una memoria collettiva condivisa da milioni di persone.
Riso Jollof: ricetta
Ingredienti per 4 persone
350 gr di riso a chicco lungo
2 carote
2 spicchi d’aglio
2 cucchiai di concentrato di pomodoro
1 cipolla grande, tritata
1 peperone verde
brodo vegetale
olio evo
sale
peperoncino
spezie a piacereIn una casseruola dal fondo spesso soffriggete la cipolla e l’aglio per qualche minuto in olio, finché la cipolla non sarà morbida e dorata. Aggiungete il concentrato di pomodoro, il peperone e le carote a cubetti, e mescolate per qualche minuto. Aggiunte il riso, un pizzico di sale e cuocete mescolando costantemente per evitare che il riso si attacchi al fondo della padella. Dopo qualche minuto aggiungete il brodo necessario per coprire completamente il riso e continuate a cuocere a fuoco lento per circa 15 minuti. Quando il liquido è quasi assorbito, aggiungete peperoncino secondo il vostro gusto ed eventualmente qualche spezia (come il curry o la paprika). Continuate la cottura a fuoco basso con la casseruola coperta finché il riso non sarà tenero.
Questo articolo è tratto dalla rubrica di Martina Liverani sul Giornale del CEFA, il magazine che 4 volte all’anno arriva nelle case dei nostri sostenitori e delle nostre sostenitrici.
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