Etiopia senza aiuti: la sospensione USAID mette in crisi la risposta umanitaria
Di Michele Tufano > Cooperante in Etiopia
Con un ordine esecutivo del 20 gennaio 2025, l’amministrazione Trump ha imposto un congelamento immediato a tutti i fondi USAID, l’agenzia umanitaria statunitense nonché principale finanziatore della cooperazione internazionale al mondo. L’obiettivo dichiarato: “riesaminare” la politica estera statunitense. Il risultato: migliaia di progetti cancellati in tutto il mondo, senza preavviso.
In Etiopia, seconda solo all’Ucraina per mole di finanziamenti USAID, le conseguenze sono state devastanti. Nel 2024 gli Stati Uniti avevano contribuito con oltre 800 milioni di dollari all’assistenza umanitaria nel paese, il 41% del totale. La sospensione ha bloccato distribuzioni alimentari per due milioni di persone e messo a rischio l’intera rete di supporto ai rifugiati: già lo scorso anno, le razioni erano state tagliate del 40% per 800.000 individui. La macchina umanitaria si è fermata improvvisamente, bloccando cinicamente tonnellate di cibo nei magazzini.

Il secondo colpo è arrivato alla sanità. Ogni anno USAID garantiva oltre 200 milioni di dollari al Ministero della Salute. Da gennaio oltre 5.000 operatori sanitari sono stati licenziati. L’intero sistema di prevenzione e cura dell’HIV è completamente saltato, interrompendo la rete di assistenza farmaceutica per oltre 500.000 malati e bloccando le attività di prevenzione, con il rischio concreto di nuove ondate epidemiche. Ma non tutti i danni si misurano in numeri. Il taglio dei programmi di supporto psicosociale, ad esempio, ha vanificato sforzi centellinati in contesti in cui la salute mentale resta un tabù. De-stigmatizzare il trauma della guerra, di uno stupro o di uno sfollamento è un esercizio faticoso e di lungo termine. L’interruzione di un tal genere di servizi, senza alcuna transizione, rischia di cagionare danni non solo operativi ma relazionali, culturali e spesso irreversibili: anche se i fondi venissero riattivati, la relazione terapeutica e il percorso di accesso alla cura, una volta interrotti, non sono ripristinabili nelle stesse condizioni.
La sospensione dei fondi USAID, tuttavia, non è solo un incidente operativo. Riflette un cambio di paradigma più profondo nella politica estera del Paese egemone e, dunque, dell’intera comunità internazionale.
Per decenni, la cooperazione internazionale si è centrata su due assi: il multilateralismo e l’intermediazione della società civile. È stato il modo, imperfetto ma necessario, per garantire che l’aiuto non fosse merce di scambio, in cui le ONG internazionali agivano come attori “terzi”, portatori di principi umanitari non legati a un’agenda statale. Quel modello nasceva da una convinzione precisa: che lo sviluppo di un paese potesse e dovesse essere sostenuto anche in assenza di un immediato tornaconto geopolitico. Un’eredità implicita dei disastri del Novecento: sottrarre la solidarietà alla mera legge dell’interesse o del più forte.
La nuova dottrina sembra mirare ad una ricalibrazione del ruolo dell’azione umanitaria, interpretata non più come responsabilità condivisa o leva redistributiva scevra dalla logica della “gratitudine”, bensì come un’estensione tecnica delle relazioni bilaterali sotto una logica di ritorno misurabile. Il rischio è che nelle zone di crisi non conti più tanto il bisogno, quanto la posizione che un paese occupa nello scacchiere globale.


La risposta di CEFA
Per rispondere ai tagli dell’amministrazione Trump vogliamo distribuire alle comunità etiopi kit agricoli (zappa, rastrelli, falce, sementi, fertilizzanti) e kit avicoli (7 polli, 1 gallo, medicinali, e mangime) che accompagnati da due momenti di formazione garantiranno in 4-6 mesi un supporto concreto all’alimentazione delle famiglie.
Aiutaci anche tu a rispondere a questa emergenza, con €15 doni zappa rastrello e falcetto, con €26 doni un ciclo di formazione ad una famiglia e con €86 doni il kit avicolo completo.
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