Education for a Better Life: l’impegno per la scuola in Tanzania
Di Maria Francesca Ottani – Donatrice CEFA
“Education for a Better Life” è la scritta che ci accoglie all’ingresso della scuola secondaria femminile di Manyunyu, nel distretto di Matembwe, tappa conclusiva del nostro viaggio tra le realtà educative sostenute dal CEFA in Tanzania. Un messaggio potente, che sintetizza il senso profondo di quanto abbiamo visto in questi giorni.

Abbiamo visitato numerose scuole, nei villaggi e nelle periferie, dove il CEFA ha investito in strutture, formazione e progetti educativi. Un impegno concreto che nasce dalla convinzione che l’educazione sia la chiave per il cambiamento sociale. I bambini e le bambine che abbiamo incontrato, spesso in contesti difficili, camminano chilometri per raggiungere le loro classi. Eppure ci vanno, nelle loro diverse divise, con una dignità e una determinazione che colpiscono.
Il CEFA ha lavorato a fianco del governo e di altre agenzie per portare acqua potabile nelle scuole, fornire laboratori attrezzati, avviare scuole di formazione professionali nel settore agricoltura, poi passati in gestione locale, e recentemente si è concentrato sull’inclusione dei disabili, come nei progetti SHINE vicino a Dar es Salaam.
La scuola femminile statale di Manyunyu ci colpisce per la cura degli edifici, per organizzazione, numeri e impegno. Il preside, fiero della qualità raggiunta, ci mostra un riconoscimento ufficiale che conferma il livello dell’istituto. All’ingresso, un tabellone con i dati: 762 alunne, suddivise in classi da 30 a 67 ragazze. Numeri che impressionano.

L’istituto è articolato in due cicli di tre anni, con tre aree principali: letteraria, biologica e scientifica. A guidarci nella visita è un giovane insegnante di matematica, elegante, sorridente e disponibile alle tante domande di noi due ex docenti del gruppo. E’ momento di scuola: ci sono studentesse in classe, in alcune aule si preparano agli esami. Siamo colpiti dall’orario, che ci sembra estremamente impegnativo: le ragazze studiano nove ore al giorno, intervallate da pause pranzo e studio serale. Durante il weekend tornano a casa. Scuola per poche? Ma alla nostra domanda su quante siano le respinte, la risposta è chiara: quasi nessuna.
Poi visitiamo l’orto, realizzato nell’ambito del progetto CEFA che promuove gli orti scolastici. Pensati sia per integrare l’alimentazione delle mense, sia come strumento formativo. Insegna alle ragazze a coltivare ortaggi per riportare le competenze nelle proprie famiglie. In una alimentazione carente basata quasi esclusivamente sulla polenta di mais, l’introduzione di alcune verdure scelte perché sostenibili e ricche di elementi nutritivi, come la miciucia, lo spinacio africano ricco di ferro, può far la differenza.
L’orto della scuola è grande e curato e anche le ragazze vi lavorano a gruppi e in turni nei fine settimana. È un esempio concreto di come si possa educare alla responsabilità e alla sostenibilità.


Poi il saluto finale, che non dimenticheremo: un gruppo di ragazze, cristiane e musulmane insieme, ci saluta in cerchio, in uniforme perfetta. Si presentano con sorrisi sinceri e accolgono con entusiasmo le nostre presentazioni, l’entusiasmo esplode quando si presenta Emanuele, il quindicenne del gruppo.
Usciamo dalla scuola con molte domande, ma anche con una certezza che rafforza la nostra esperienza di insegnanti: la scuola è la chiave del futuro. Come è stato per l’Italia nel dopoguerra, quando i nostri genitori hanno creduto nell’istruzione e vi hanno investito per i propri figli, così oggi dobbiamo tornare a credere nella scuola come fondamento del cambiamento. La Tanzania, paese di giovani, ce lo ricorda con forza: puntiamo sui giovani, puntiamo sull’educazione. È lì che nasce la speranza.