Fame e disuguaglianza: perché l’Africa è l’epicentro della crisi alimentare globale
Di Alice Fanti – CEFA
Negli ultimi anni, i dati sulla fame nel mondo hanno mostrato alcuni segnali di miglioramento, con una leggero calo delle persone cronicamente sottoalimentate. Tuttavia, dietro a questa tendenza incoraggiante si nasconde una realtà molto diversa per l’Africa. Secondo l’ultimo rapporto SOFI 2025 elaborato dalla FAO e dalle principali agenzie ONU, mentre il resto del pianeta compie timidi passi avanti, nel continente africano il numero di persone che soffrono la fame cresce, raggiungendo livelli sempre più allarmanti.

Oggi oltre 300 milioni di africani non hanno accesso sufficiente al cibo e più di un miliardo non può permettersi una dieta sana. Si tratta di numeri che raccontano non soltanto una crisi umanitaria, ma anche un fallimento strutturale dei sistemi alimentari, aggravato da fattori ormai cronici come i conflitti, gli shock climatici, l’inflazione e la fragilità delle economie locali. La fame, in Africa, non è un’emergenza passeggera: è una condizione diffusa, che rischia di diventare permanente se non si interviene con politiche coraggiose e azioni coordinate.
Nel 2024, circa 673 milioni di persone (8,2% della popolazione mondiale) hanno sofferto la fame, in diminuzione rispetto al 2023 e al 2022.
Tuttavia, questa flessione globale non trova riscontro in Africa, dove la situazione si è ulteriormente aggravata. Oltre 307 milioni di africani, più del 20% della popolazione del continente, erano cronicamente sottoalimentati nel 2024. Prima della pandemia (2019) la percentuale era intorno al 17,4%, lievemente aumentata al 19% nel 2022.
Il problema sta anche nelle proiezioni: i dati suggeriscono che, nei prossimi anni (entro il 2030), la popolazione africana affamata potrebbe essere l’unica a non decrescere, a differenza del resto del mondo. In questo modo, se attualmente il 45% della popolazione mondiale che soffre la fame vive in Africa, si stima che nel 2030 la percentuale salirà al 60%.


Oltre a ciò, più di un miliardo di africani, cioè circa due terzi della popolazione del continente, non può permettersi una dieta sana. Il dato risulta ancora più preoccupante guardando ai bambini tra i 6 e i 23 mesi: solo un terzo soddisfa i criteri minimi di diversità alimentare, pregiudicando così sensibilmente un buono sviluppo infantile e aumentando i tassi di mortalità. Si stima infatti che fino alla metà dei decessi infantili sotto i 5 anni abbia nella malnutrizione uno dei fattori più determinanti.
I fattori chiave alla base della crescita della fame in Africa comprendono conflitti, cambiamento climatico, crisi economiche, inflazione alimentare e debolezza delle infrastrutture agricole. In aree come il Sahel, il Nord e il Centro Africa, questi fattori si combinano drammaticamente, alimentando un circolo vizioso di insicurezza e povertà. Un’altra problematica, recente e oltremodo rilevante, risiede nei tagli agli aiuti internazionali che compromettono programmi vitali, come quelli condotti dal World Food Programme in Africa.


In conclusione, nonostante un calo globale dei numeri della fame, l’Africa emerge come il cuore della crisi mondiale dell’insicurezza alimentare. Quasi 1 africano su 5 è cronicamente affamato, con prospettive cupissime anche per il futuro. La distanza tra tendenza globale positiva e drammatica regressione africana è tanto sorprendente quanto allarmante.
Il continente sembra fuori rotta rispetto agli SDGs 2.1 e 2.2 (Zero Hunger e nutrizione) previsti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con un incremento di persone affamate e incapaci di accedere a diete sane. I conflitti persistenti assieme agli shock climatici (come siccità, inondazioni, inaridimento del suolo) esacerbano le fragilità dei sistemi alimentari africani. I tagli ai finanziamenti e alle operazioni di assistenza alimentare pongono un ulteriore freno alle risposte umanitarie e strutturali.