Giovanni Bersani

    La scintilla dello sviluppo: Giovanni Bersani ieri, oggi e domani

    di Francesco Tosi – Presidente Fondazione Giovanni Bersani

    Credo di poter dire che per Bersani la scintilla dello sviluppo stia essenzialmente nella convinzione che l’uomo, ogni essere umano, è depositario di una innata dignità: si tratta di una dignità indelebile che rende la persona la principale risorsa a se stessa, la principale risorsa per gli altri e per la Storia. Bersani era fermamente convinto di questo e da questa profonda convinzione derivano tutte le direzioni del suo molteplice impegno a livello locale, in Europa e nel mondo. Derivano da qui i due criteri fondamentali che sottostanno a tutte le sue iniziative e che il CEFA ha sempre cercato e cerca di applicare nella propria azione di cooperazione internazionale. Il primo è che la società deve organizzarsi dal basso: le persone vanno coinvolte in un percorso di responsabilità che le metta insieme e che le faccia crescere nella capacità di auto-organizzarsi in forme di convivenza, di lavoro, di strutture socio-economiche di tipo democratico. Il secondo è il totale rifiuto dell’assistenzialismo: la società cresce attraverso il coinvolgimento responsabile dei suoi membri.

    Bersani ha messo la propria umanità al servizio degli altri, nella forma di una politica che proprio perché partiva dal basso e dalla volontà di essere concreto strumento di cambiamento nella vita degli uomini, si mescolava con l’impegno nella società civile. In una parola, ci troviamo davanti ad un grande esempio di coerenza, ad una personalità integra.

    Ha sempre trasmesso e lasciato in eredità la fiducia nella possibilità di tradurre in realtà gli ideali, la convinzione che le azioni rivolte ad affermare una maggiore giustizia, se condivise e fatte emergere dal basso, hanno la possibilità di affermarsi modificando il corso della Storia. A ben pensarci, la speranza, la fiducia nell’uomo e lo sguardo sempre rivolto al futuro sono le condizioni necessarie per credere nella pace e lavorare per la pace e in questo Bersani è difficilmente eguagliabile.

    Infine, nel cercare di raccogliere l’attualità della sua eredità non possiamo non ricordare la fermissima e lungimirante fede europeista, evidente anche nel nome che diede alle associazioni che fondò. Nel momento in cui creò, in Italia, un’associazione rivolta alla cooperazione internazionale, Bersani decise di sottolineare quella che per lui doveva diventare la dimensione culturale e politica dominante negli stati europei e di dare un respiro europeo alla associazione, trattandosi in particolare di una associazione rivolta al mondo e al contesto internazionale. Questo avvenne 50 anni fa. La passione di Bersani per gli ultimi, vissuta con tenacia e verità, fonda la speranza che l’amore prevalga sull’odio, la giustizia sulla malvagità, la fraternità sull’egoismo, la pace sulla violenza.

    Intervista a Giovanni Bersani, fondatore del CEFA

    Questa intervista è stata realizzata da Sara Laurenti nell’aprile del 2012 in occasione dei 40 anni del CEFA.

    Con quale idea nasce il CEFA nel 1972?

    La fondazione del CEFA in quegli anni è davvero servita a dare un nuovo impulso al concetto di autodeterminazione dei popoli. In quegli anni eravamo i primi e i soli a credere a questa idea che poi l’indiano Amartya Sen, Nobel per l’economia nel 1998, ha teorizzato. L’economista ha delineato un nuovo concetto di sviluppo che si differenzia da quello di crescita. Il progresso economico non coincide più con un aumento del reddito (PIL), ma con un aumento della qualità della vita. Anche Sen crede fortemente nel sistema cooperativo. “La cooperazione – ha detto di recente – è capace di eliminare le disuguaglianze perché ognuno è promotore della crescita della comunità”. Oggi il CEFA è quindi più che mai attuale nella sua proposta di autosviluppo, antitesi all’assistenzialismo. È quella spinta propulsiva che dà modo alle popolazioni locali di far uscire il proprio “genio”.

    Ha rimpianti?

    Ne ho molti di rimpianti. Avrei voluto essere più presente nei paesi in via di sviluppo. Se non si è sul posto è difficile capire la situazione. La presenza di CEFA nella zona centro sud della Tanzania è avvenuta ad esempio dopo un incontro con Julius Nyerere, primo presidente della Tanzania dal 1964 al 1985, riconosciuto padre della nazione. Gli ho chiesto di dirmi dove gli sarebbe interessato uno studio di fattibilità affinché il CEFA intervenisse. Negli anni Settanta era appunto la regione di Iringa, la più abbandonata. Mi sono messo all’opera e ho voluto subito incontrare le donne del posto e capire quali fossero le loro esigenze. Si sono susseguiti diversi incontri e alla fine si è capito che avrebbero voluto allevare pulcini. Abbiamo iniziato l’impianto sperimentale di un’incubatrice per l’allevamento di pulcini: divenne un modello importante studiato anche da comunità a 500 chilometri di distanza.

    Quest’anno CEFA compie 40 anni, un bel percorso di vita. Come vede tra vent’anni la “sua” organizzazione?

    Dovremo rafforzare tutta la rete di amici che in questi anni si è formata attorno al CEFA. Si deve aprire l’organizzazione anche ai giovani, che muovono i primi passi con noi, spalancare i consigli d’amministrazione, farli diventare incontri formativi, tutti momenti di crescita che ripropongono anche all’interno della nostra struttura il concetto di autoformazione, una declinazione del concetto di autosviluppo così tanto caro e centrale per tutti noi.